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Michele Placido • Regista

Le donne e il lavoro: 7 minuti affronta un “tema caldissimo”

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- Con 7 Minuti Michele Placido firma un dramma tutto al femminile co-prodotto da Italia, Francia, Spagna e Svizzera

Michele Placido  • Regista

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di Michele Placido, dramma co-prodotto da Italia, Francia, Spagna e Svizzera e distribuito dalla tedesca Koch Media. Nel cast Cristiana Capotondi, Ambra Angiolini, Fiorella Mannoia, Maria Nazionale, Ottavia Piccolo, Violante Placido, Sabine Timoteo, Anne Consigny, Mimma Lovoi, Clémence Poésy.

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Il film è tratto dal testo teatrale omonimo di Stefano Massini, che ha scritto la sceneggiatura con Placido, ed è la storia di 11 donne, tra operaie e impiegate, chiamate al tavolo di una trattativa di lavoro quando i proprietari della loro azienda tessile ne cedono la maggioranza a una multinazionale. In poco tempo devono decidere, per loro e le altre colleghe, se accettare la proposta della nuova proprietà. Abbiamo incontrato il regista alle Giornate Professionali Ciné 2016 di Riccione.

Cineuropa: Andrea Occhipinti presidente dei distributori Anica, ha detto qui a Riccione che il cinema italiano è poco esportabile e procede per formule ripetitive. Il suo film è un tentativo di dimostrare il contrario.
Michele Placido: Speriamo di far uscire il film in contemporanea nei Paesi che lo hanno coprodotto: oltre l’Italia, anche Spagna, Svizzera e Francia. L’esportabilità dei film italiani dipende dal produttore e dal regista. Alcuni investono pensando che il film debba avere anche dei partner europei come garanzia di distribuzione oltre i confini, e coinvolgono così altre persone sul tema del film. L’occasione per dirigere 7 minuti mi è stata offerta dall’autore teatrale Stefano Massini, neodirettore del Piccolo Teatro di Milano, con cui ho altri progetti futuri che coinvolgono Cattleya. Lui ha una scrittura contemporanea ed europea e questo film è stato visionato da una società interessata ai titoli che potenzialmente possono circolare anche all’estero. Il 95 per cento dei film 01 e Medusa, pur essendo buoni film, non vanno all’estero perché non c’è una vera pianificazione. 

Perché ha deciso di affrontare un tema così attuale ma difficile?
Ho amato molto il testo di Massini, che si ispirava a La parola ai giurati scritto da Reginald Rose e diretto da Sidney Lumet nel 1957. In quel film undici persone erano chiamate a decidere le sorti di un uomo: innocente o colpevole. Nella sua pièce teatrale, e nel mio film, ci sono invece undici donne, molto diverse tra loro, che devono decidere il proprio destino in fabbrica, mentre fuori ci sono quattrocento altre colleghe in attesa di avere una risposta. Mi sono ispirato ad un fatto realmente accaduto in Francia qualche anno fa, ed è un tema davvero caldissimo. Bisogna tornare ad umanizzare il lavoro, perché é ingiusto diventarne schiavi.

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Bisogna partire dall’idea del film. Per Ladri di bicicletta Zavattini suggerisce a De Sica un’idea strepitosa su un uomo in cerca di lavoro. L’idea di Massini è potente: potevano essere undici uomini, ma Massini ha avuto l’intuizione di porre undici donne a confronto, che sono una cosa ben diversa. L’aspetto ideologico e politico viene scavalcato dalla speranza, dalla vitalità espressa da queste donne, perché la donna è portatrice di speranza in modo naturale, c’è uno spirito di sopravvivenza forte, come mi ha fatto notare una delle protagoniste, Cristiana Capotondi. In 7 minuti c’è sicuramente un riferimento ai temi che il cinema italiano ha affrontato nel passato, con Giuseppe De Santis, che gira Riso amaro, sulle lavoratrici nelle risaie, e Roma ore 11, in cui duecento ragazze, in seguito ad un annuncio di lavoro su un giornale, si presentano ad un indirizzo per ottenere un posto di lavoro di dattilografa. 

Tecnicamente come ha scelto di girare questo dramma sociale che sembra anche ricco di suspence?
Ho girato questo film come per un film d’azione, con il direttore della fotografia Arnaldo Catinari, utilizzando tre macchine da presa. Come avevo fatto per Vallanzasca [+leggi anche:
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, con le macchine sempre in movimento, con dei primi piani insistiti sui volti delle protagoniste. E’ stata una sfida dirigere 11 donne, la maggior parte attrici con grande mestiere alle spalle, e accomunarle in un ruolo diverso dal solito, in cui devono usare il cervello e l’istinto. Ho capito subito che doveva lasciare grande libertà a queste donne. Fiorella Mannoia, grande cantante che riesce a creare uno speciale contatto con il pubblico dei concerti, si è rivelata un volto e un cervello straordinariamente cinematografici.

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