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Radu Jude • Regista

“Il passato non è che una nostra interpretazione”

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- BERLINO 2015: Cineuropa ha parlato con Radu Jude di Aferim!, il suo nuovo film presentato alla Berlinale

Radu Jude  • Regista

Radu Jude ha presentato alla Berlinale il suo terzo lungometraggio, Aferim! [+leggi anche:
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, un period drama in bianco e nero - una rarità per il cinema rumeno - che esplora la mentalità e la società della Romania del XIX secolo. Cineuropa ha discusso con il regista in merito all'estetica e allo scopo del film.

Cineuropa: Al giorno d'oggi, i registi preferiscono girare in digitale. Che cosa l'ha convinta a tornare al bianco e nero?
Radu Jude: È una scelta che ho preso insieme al direttore della fotografia, Marius Panduru, affinché il pubblico capisse fin da subito che si trattava di un film storico e che, per quanto fosse ben fatto, presentava una visione soggettiva del passato. A tal fine, abbiamo testato diversi metodi: una macchina fotografica digitale, una pellicola monocromatica e due tipi di pellicola in bianco e nero. Dopo averli confrontati, abbiamo concluso che la pellicola in bianco e nero (nello specifico, una Kodak Double-X) conferiva maggiore espressività ed era quindi più adatta al nostro progetto.

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Le informazioni sulla schiavitù dei Rom sono state rimosse dai resoconti storici pubblicati durante il regime comunista rumeno. Quali difficoltà avete incontrato nel reperire notizie relative a tale tema e all’anno 1835 in generale?
In realtà le informazioni non mancano: esistono diversi studi, resoconti e archivi che raccontano la schiavitù dei Rom. Inoltre, la nostra principale consulente storica, Constanţa Vintilă-Ghitulescu, ci ha aiutato immensamente suggerendoci ulteriori libri sull'argomento. Non abbiamo incontrato grandi ostacoli, ma il passato è ormai perduto e le informazioni a nostra disposizione sono pur sempre limitate. L’unica cosa che possiamo fare è tentare di ricreare un'immagine del passato che sia più accurata possibile.

Naturalmente, c’era il rischio che il pubblico dimenticasse che si trattava di una nostra interpretazione e, pertanto, abbiamo deciso di girare il film in bianco e nero affinché ne fosse cosciente fin da subito. È nella natura dell’uomo interpretare la realtà che lo circonda attraverso i cinque sensi e le percezioni che ne derivano. Il passato non è certo esente da tale processo e, a questo proposito, vi consiglio di dare un’occhiata al progetto creato da Anca Benera e Arnold Estefan, Pacta sunt servanda (http://www.arnoldestefan.ro/art-projects/-pacta-sunt-servanda/). Il video mostra come lo stesso evento storico, il Trattato del Trianon, venga raccontato in due modi differenti nei libri di storia pubblicati in Ungheria e in Romania. Ciò dimostra che il passato non è che una nostra interpretazione. Spero che tale punto di vista sia evidente nel mio film e che lo spettatore attento ne tenga conto.

Gli eventi narrati nel film si svolgono 180 anni fa, ma molte delle osservazioni dei personaggi sono rilevanti anche ai giorni nostri. Si tratta di una satira del presente?
Credo fermamente nell’affermazione di Johan Huizinga: "Ogni epoca viene analizzata in base alle promesse che racchiude per l'epoca successiva." Il mio film parla del rapporto tra il passato e il presente o, per meglio dire, del rapporto del presente con il passato. 

I dialoghi del film sono infarciti di detti e aforismi tratti dalle opere di vari autori rumeni e non vissuti nel XIX secolo, i quali vengono anche citati nei titoli di coda. Perché ha dedicato tanta attenzione alla cultura dell'epoca?
Ho iniziato leggendo alcune opere letterarie per acquisire familiarità con la lingua e la mentalità di quei tempi - a mio avviso sono questi i due temi centrali del film. In seguito, ho trovato nelle opere di Iordache Golescu alcune frasi che erano perfette per una delle scene di Aferim!, per cui le ho inserite nella sceneggiatura, che ho scritto insieme a Florin Lăzărescu. Successivamente ne abbiamo trovate altre e abbiamo gradualmente infarcito la storia di citazioni tratte dalla letteratura di quei tempi. Questo espediente rappresenta non solo una dichiarazione d'amore per la lingua romena, ma anche un modo per sottolineare “l’artificialità” del film.

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(Tradotto dall'inglese)

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