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Karine de Villers et Mario Brenta • Registi

“Un film, non è un qualcosa di effimero, ma sopravvive nel tempo”

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- Karine de Villers e Mario Brenta hanno concluso le riprese di Corpo a corpo, un film sul processo di creazione di un nuovo spettacolo di Pippo Delbono

Karine de Villers et Mario Brenta  • Registi

Karine de Villers e Mario Brenta hanno concluso le riprese di Corps à corps, un film sul processo di creazione di un nuovo spettacolo di Pippo Delbono, intitolato Orchidee. Pippo Delbono, regista e attore, che si circonda di invalidi, attori della propria vita piuttosto che personaggi che interpretano un ruolo. La morte, la collera e la follia sono i suoi soggetti preferiti.

Cinergie: Per girare il film, avete vissuto con Pippo e la sua troupe per quanto tempo?
Mario Brenta: Cinque settimane di riprese molto intense... quasi una vita a porte chiuse, in una sala di teatro, in una sorta di microcosmo.

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Vedendo il vostro film, si ha l’impressione che tutti vivano nel teatro.
Karine de Villers: L’impressione immediata che abbiamo avuto è stata quella di un’occupazione… tra l’accampamento, i dormitori, la sala da pranzo e la camera privata di Pippo. Tutti gli spazi erano occupati e senza frontiere. Si passava in modo naturale dalla scena, alle gradinate o dietro le quinte.   

Il giorno o la notte?
K.d.V.: Gli orari erano molto elastici ma, in generale, ci incontravamo alle 15 e terminavamo alle 3 del mattino. Il vero lavoro cominciava verso le 19. Prima, infatti, si effettuavano alcune letture, e si discutevano le proposte e le aspettative. 
M.B. : Lunghe attese, poi il processo di creazione cominciava, ed è una serie di improvvisazioni. Quando io e Karine siamo arrivati c’era un certo imbarazzo... Pippo ci aveva spinto in mezzo ai suoi attori, loro si facevano delle domande. Ma dopo poco, si respirava già un’atmosfera rilassata perché non eravamo ingombranti. Non eravamo altro che due persone con una videocamera. Non abbiamo mai utilizzato il piede per la videocamera per evitare di rimanere sempre nello stesso posto, e nemmeno i riflettori. Eravamo molto discreti.
K.d.V.: Il fatto di essere là e di condividere dei momenti di vita con loro, ha aiutato noi e loro. Ciò suscitava in loro una grande concentrazione. Erano coscienti di essere filmati, e un film non è un qualcosa di effimero, ma sopravvive nel tempo.         

Come avete avuto l’idea di realizzare un film sul lavoro di Pippo Delbono?
M.B.: L'idea è nata dopo l’incontro con Pippo. Eravamo andati a vedere Barboni, uno dei suoi spettacoli, a Venezia. Dopo siamo andati a bere una cosa. Voleva girassimo Barboni poiché si svolge in ambienti esterni. Pensavo fosse più interessante far vedere come elaborava uno spettacolo, e quindi gli chiesi se stava lavorando a un nuovo progetto. Rispose: “Ho un contratto per uno spettacolo, ma ho solo il titolo: Orchidee. Non ho ancora il testo, e non so ancora cosa scriverò”. Ciò ci interessava, poiché in questo modo potevamo attingere a tutte le possibilità del linguaggio cinematografico in tutto il suo potenziale. E un documentario che non si appoggia su un testo scritto precedentemente, si prestava perfettamente a questo progetto.

C.: Le scene che vediamo sono scene ripetute o frutto dell’improvvisazione fatte una sola volta? 
M.B. : Fatte una sola volta. Può essere che un qualcosa venga ripetuto, quando Pippo fa dei collage a partire da diverse proposte per tessere la trama, ma non ci sono delle vere e proprie scene ripetute come si possono vedere in un teatro classico. Sono dei momenti fuggevoli che bisogna cogliere al volo, non sapendo come questo si svolgerà.
K.d.V.: Ciò che lo rende particolare, è la mancanza di ambientazioni… Non ci sono punti di riferimento nello spazio. Il corpo diventa lo spazio. Il corpo diviene un linguaggio.     

Leggi il seguito dell’intervista su Cinergie.

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(Tradotto dal francese)

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