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Eskil Vogt • Regista

“Pensavo sempre di più a questa donna cieca”

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- Il regista norvegese Eskil Vogt ci racconta del suo film d’esordio Blind, premio della miglior sceneggiatura al Sundance e Europa Cinemas Label al Panorama della Berlinale

Eskil Vogt • Regista

Una volta portato a termine Blind [+leggi anche:
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, il suo film d’esordio, il regista-sceneggiatore norvegese Eskil Vogt ha accettato di rimandare la distribuzione locale, dato che il Sundance Film Festival, trampolino di lancio di prim’ordine per i film indipendenti, lo voleva nella sua sezione World Cinema Dramatic.

Blind è tornato a casa con il premio alla miglior sceneggiatura per Vogt, ma prima dell’anteprima norvegese, fissata per il 28 febbraio da Nrsk Filmdistribusjon, il film verrà proiettato nella sezione Panorama del Berlin International Film Festival (6-16 febbraio), dove l’esportatore parigino Versatile ne curerà le vendite internazionali.

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Prodotto da Hans-Jørgen Osnes e Sigve Endresen per Motlys, il film d’esordio di Vogt racconta la storia di Ingrid (impersonata da Ellen Dorrit Petersen), una donna che ha appena perso la vista e che si ritira nella sicurezza della sua casa, sola con suo marito e i suoi pensieri. Ben presto però le sue paure più profonde e le sue fantasie represse hanno la meglio su di lei.

Premiato per la sceneggiatura scritta con Joachim Trier (Oslo, August 31st [+leggi anche:
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), con cui collabora dal 2001, Vogt ha studiato regia a La Fémis di Parigi e ha vinto vari premi per i suoi cortometraggi (tra cui Strangers del 2004) ed è finalmente riuscito a dimostrare il suo talento come regista di lungometraggi.

Cineuropa: Come mai c’è voluto così tanto tempo?
Eskil Vogt: Sembrerebbe che la fase di scrittura sia stata lunghissima, in realtà lavoravo allo stesso tempo ai miei progetti da regista. E’ anche vero che fino a Blind, i finanziamenti sono sempre stati un problema. Mentre studiavo letteratura e storia delle idee ho sceneggiato e diretto moltissimi corti; sono andato a scuola di regia e da allora ho continuato a combinare i due aspetti.

Quando ha deciso di diventare regista?
Tanto per cominciare sono sempre stato un amante del cinema. Durante i primi anni di liceo ho iniziato a realizzare che uno poteva anche fare film, ma non sapevo nulla dell’industria, quindi c’è voluto un po’ di tempo per trovare la mia strada.

Come ha cominciato a lavorare con Trier e cosa vi rende una buona squadra?
Ci conosciamo da quando avevamo 19 anni. Lavoravamo entrambi come assistenti alle riprese per un quiz show della televisione norvegese e abbiamo realizzato il nostro primo corto nel 1995. Non so spiegare perché la nostra collaborazione funzioni così bene, ma sicuramente dipende anche dal fatto che lavoriamo insieme da molti anni. Io scrivo le scene, funziono meglio con le parole, ma più che completarci a vicenda credo che siamo entrambi bravi a fare le stesse cose, che è un’ottima cosa perché ci risparmia un bel po’ di divergenze.

Come le è venuta l’idea di Blind?
Ho letto il racconto di un’amica che descriveva il monologo interiore di una donna non vedente. Un soggetto che non è una scelta ovvia per un film, ma la storia mi è rimasta in testa mentre lavoravo alla sceneggiatura di un altro film. Pensavo sempre di più a questa donna cieca, così quando la sceneggiatura a cui lavoravo è stata rifiutata di nuovo mi sono fermato e ho scritto Blind, velocemente e con gran facilità, senza la fase di preparazione abituale.

E’ stato difficile da girare?
Nobili ambizioni e troppi pochi soldi, come al solito. La cosa più impegnativa era condividere la mia percezione soggettiva con un non vedente. Per ogni sequenza c’era un concetto visivo, il che significa che non ci si può coprire le spalle con scene magistrali e montaggi spezzati, soprattutto se manca il tempo. E’ stato divertente e impegnativo allo stesso tempo: con un protagonista non vedente si finisce per discostarsi dal linguaggio cinematografico classico. In genere in un film, per esempio, si taglia sempre sullo sguardo.

Di cos’altro parla? Mentre girava aveva già idea che il film avrebbe suscitato un interesse internazionale?

Spero che il film racconti moltissime cose degli uomini, e soprattutto del loro Io, e di tutti quei pensieri strani, vergognosi e fantasiosi che abbiamo un po’ tutti, ma che spesso e volentieri troviamo difficile condividere con gli altri. Un interesse internazionale? Non ci avevo pensato affatto, ma quando è successo sono stato contento che non ci fosse da tradurre il titolo (anche in norvegese cieco si dice Blind, come in inglese). L’accoglienza al Sundance è stata fantastica. Sembra che la presenza del film nei festival durerà a lungo e che verrà venduto in diversi paesi.

Trier l’ha visto? Cosa ne pensa?
L’ha visto varie volte durante il montaggio e gli piace, o almeno così dice.

E ora?
Non è il primo a chiedermelo. Sto scrivendo una nuova sceneggiatura con Trier, e ho un paio di progetti da regista e che spero di chiarire al più presto. 

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(Tradotto dall'inglese)

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