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Eva Sørhaug • Regista

"Volevo creare scene molto intime, anche se questa intimità risulta atroce"

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- Eva Sørhaug concorre al 23° Festival di Stoccolma con 90 minutes, un film inquietante che narra tre raccapriccianti casi di violenza domestica in Norvegia

La cineasta norvegese Eva Sørhaug concorre al Festival di Stoccolma con 90 minutes [+leggi anche:
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, un film inquietante che narra tre raccapriccianti casi di violenza domestica. Il film racconta gli ultimi novanta minuti di vita di tre esseri umani prima di essere assassinati dai rispettivi coniugi.

Generalmente, c'è la tendenza a ubicare storie di violenza estrema in contesti di emarginazione, di esclusione sociale o di miseria. Per questo motivo, risultano ancora più inquietanti pellicole come 90 minutes, la cui azione si svolge in contesti prosperi e agiati.
Eva Sørhaug: Sì, credo che gli spettatori siano più abituati a vedere storie come questa in contesti di povertà o di alcolismo, ma ovviamente questo succede a ogni livello sociale. Credo che sia sempre stimolante per un regista osservare le cose da un'angolatura diversa, per offrire qualcosa di diverso rispetto a quello cui siamo abituati. 90 minutes non narra una storia nuova, però credo che la prospettiva da cui lo fa sia inconsueta.

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I tre uomini protagonisti del suo film appartengono a tre generazioni diverse, e si ha la sensazione che quanto più giovane è l'uomo, più esplicita e crudele sia la violenza che esercita sulla donna.
E', possibile, ma l'intenzione non era questa. L'idea era avere tre storie diverse, di cui una doveva essere una storia d'amore, per offrire allo spettatore un respiro e far sì che l'esperienza non fosse così dura per tutto il tempo. Poi volevo una storia più agitata, scomoda e opprimente, una storia che fosse, in ultima istanza, un puro inferno. Volevo tre toni differenti, tre livelli distinti, perché se tutto fosse stato duro allo stesso modo, lo spettatore non lo avrebbe sopportato. Anche le diverse età sono relazionate all'età della coppia. La maggior parte dei divorzi avvengono quando i coniugi hanno tra i trenta e i quarant'anni. Volevo esplorare quello che succede prima, durante e dopo.

Vedendo la sua pellicola, non sembra essere molto ottimista riguardo ai progressi della Norvegia nel campo della parità di genere. E invece, i paesi scandinavi vengono generalmente citati come modello da seguire sotto questo aspetto.
Credo che la Norvegia abbia fatto grandi passi avanti nella questione della parità di genere, ma ancora non sono sufficienti. Credo che servirebbe, a questo progresso, prestare più attenzione al ruolo dell'uomo. Secondo me, deve essere frustrante essere un uomo in Norvegia e ricoprire questo supposto ruolo maschile, che ti dice come dovresti comportarti, come agire. Gli uomini si sentono obbligati a dimostrare che sono uomini. Questo porta alla frustrazione e può sfociare nella violenza.

Ogni scena del film è composta con straordinaria precisione. I personaggi sono costantemente inquadrati tra gli stipiti delle porte, tra le finestre, tra le pareti… Questo crea una sensazione di claustrofobia e di reclusione, e la scenografia casalinga, le lunghe inquadrature statiche e la luce naturale conferiscono a tutto un'ambiguità inquietante.
Sì, la mia intenzione era lavorare sul contrasto tra le belle composizioni estetiche e i terribili fatti che accadono al loro interno. Quanto all'inquadratura, volevo una camera fissa e osservatrice, che mantenesse la sua posizione, che trascinasse lo spettatore nell'inquadratura e non lo lasciasse andar via. Allo stesso tempo, volevo creare scene molto intime, anche se questa intimità risulta atroce.

Vedendo la sua pellicola, è inevitabile pensare a Michael Haneke…
Sì, sono molto influenzata dall'opera di Haneke. Mi piace il modo in cui evoca cose terribili che succedono fuori campo e sono d'accordo con lui quando afferma che mantenere un'inquadratura per tanto tempo è una prova di pazienza per lo spettaore, ma se la accetta, può risultare un'esperienza molto intensa. Ci sono altri film cui ho pensato mentre preparavo 90 minutes, come Eyes Wide Shut (Stanley Kubrick), Le onde del destino (Lars von Trier) e Shame [+leggi anche:
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(Steve McQueen).

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