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Álex de la Iglesia • Regista

“Rivendico la dignità, perché oggi è sottovalutata”

di 

- L’ex presidente dell’Accademia del cinema spagnolo ci parla di La Chispa de la vida, suo nuovo film con protagonisti José Mota e Salma Hayek

Dopo la sua controversa esperienza come presidente dell'Accademia del Cinema Spagnolo, il regista di Bilbao Álex de la Iglesia torna - dopo il brutale Ballata dell'odio e dell'amore [+leggi anche:
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- con La chispa de la vida [+leggi anche:
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, un film più modesto, da tre milioni di euro di budget e di coproduzione europea, con protagonisti l'umorista José Mota, Blanca Portillo, Juan Luis Galiardo e la messicana Salma Hayek, e in cui De la Iglesia si scaglia ferocemente contro l'epoca folle in cui ci tocca vivere.

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Cineuropa: Sentiva l'esigenza di girare un film più tranquillo dopo gli eccessi di Ballata dell'odio e dell'amore?
Alex de la Iglesia: Sì, questo è un film più piccolo, di personaggi e dialoghi, ma è curioso perché anch'esso parla di un circo: quello mediatico. Ho cambiato la sceneggiatura affinché la location principale fosse un teatro romano: mi piaceva l'idea che il protagonista capitasse nel bel mezzo del sito durante l'inaugurazione con il sindaco e la direttrice del museo. Si mostrano così le forze vive all'opera e si dà al film un tono più sociale e da tragicommedia alla Berlanga.

La chispa de la vida è uno dei suoi pochi film di cui non ha scritto la sceneggiatura.
Ho fatto l'adattamento, anche se non compare fra i crediti. L'autore, Randy Feldman, ha scritto molto cinema commerciale (per Stallone e Van Damme) e aveva questo copione maledetto. Io leggo molte sceneggiature che mi mandano, ma non mi piacciono mai. Questo è stato un caso stranissimo, perché sono rimasto incantato.

Che cosa aveva che le piaceva tanto?
Parlava di una cosa che mi sembra interessante: l'uomo bloccato in una situazione limite, intrappolato in una situazione dalla quale, se esce, muore. Sentivo che era una cosa che andava raccontata perché siamo tutti come lui: sull'orlo della morte.

Perché ai media attuali piace tanto il sensazionalismo, soprattutto alla televisione?
Non lo so. Credo che sia legittimo che si dedichino a quello che vogliono, però mi preoccupa l'esclusività. Che ci sia solo questo mi spaventa, così come gli slogan che utilizzano con leggerezza: "E' quello che la gente vuole" o "Abbiamo la televisione, la stampa e il cinema che vogliamo". Nossignore, abbiamo quello che ci danno e che siamo in grado di fare! Ci piacerebbe avere molte più alternative, e ci sono, questa è la scelta più economica ed efficace, ma non è l'unica.

Nel suo cinema compare spesso l'iconografia religiosa. Abbiamo bisogno di martiri che ci redimano?
Sì, un po' è così: c'è una scena in cui il protagonista è come se stesse sulla croce. Sembra ci sia bisogno di un esorcismo, di una specie di rivoluzione per renderci conto delle cose. Se nessuno si sacrifica, non ci rendiamo conto che la situazione è estrema. Per questo a volte Mota sembra un Cristo circondato da romani bastardi e da gente che lo fa soffrire. Anche Salma Hayek ha qualcosa della Vergine Maria o di Maria Maddalena: sta al suo fianco, dipende da lui.

Può la crisi di valori diventare più pericolosa di quella economica?
Sì, lo diceva il direttore di un festival: non lo proccupava il fatto che non ci fossero soldi per la prossima edizione, ma che non importasse più a nessuno che la cultura scomparisse. Questo sta anche nel mio film: Blanca Portillo difende un teatro romano, pieno di gioielli della Storia, che la gente distrugge per l'ansia di notizie. Ma il film resta pieno di speranza e rivendica la dignità, che oggi è sottovalutata.

L'esperienza come presidente dell'Accademia del Cinema Spagnolo le è servita a livello creativo?
Mi ritrovo con la voglia di girare e tante idee. Ho capito che l'importante è produrre: fare le cose invece di parlarne.

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