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Véronique Reymond, Stéphanie Chuat • Registe

"Siamo amiche d'infanzia"

di 

- Attrici e registe, Stéphanie Chuat e Véronique Reymond si conoscono da quasi trent'anni. Con La petite chambre, firmano il loro primo lungometraggio di finzione

Cineuropa: Il primo lungometraggio di finzione, a volte, può essere difficile da realizzare. Com'è stato per voi?
Véronique Reymond: Abbiamo avuto fortuna poiché il Lussemburgo si è subito mostrato interessato al progetto. La coproduzione ha fatto sì che il film si facesse rapidamente.

Qual era il budget totale?
Stéphanie Chuat: 3, 4 milioni di franchi svizzeri (ossia circa 2,72 M€)

Véronique Reymond: O almeno, così ci hanno detto!

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è prodotto da Ruth Waldburger. E' anche produttrice di Jean-Luc Godard e ha lavorato con registi come Olivier Assayas e Alain Resnais. E' stato difficile convincerla?

Véronique Reymond: Quando l'abbiamo incontrata, non voleva più occuparsi di opere prime… Ma poi, alla fine, si è lanciata.

Stéphanie Chuat: A partire da quel momento, ha sempre avuto fiducia in noi. In tutte le fasi del progetto.

Vi siete dovute battere per imporre alcune delle vostre scelte?
Véronique Reymond: Una volta sola. Volevamo assolutamente che Rose fosse interpretata da Florence Loiret-Caille. E' impressionante, davvero.

Stéphanie Chuat: Cercavamo qualcuno che non sembrasse un'attrice, qualcuno che potesse esprimere una gamma di emozioni senza chiedersi se il suo viso fosse correttamente illuminato o se venisse ripresa dal lato giusto. Era fondamentale.

Da quanto vi conoscete?
Stéphanie Chuat: Siamo amiche d'infanzia. Abbiamo fatto tutti i nostri studi, fino alla maturità, insieme.

Véronique Reymond: E lavoriamo insieme da una quindicina d'anni.

Spesso co-dirigere un film si rivela complicato. Lo è stato per voi?
Véronique Reymond: No, anzi, è stato semplice. Abbiamo forgiato insieme il nostro immaginario. Condividiamo gli stessi riferimenti da quando avevamo dieci anni. La scuola, i prof, le pene d'amore, ne abbiamo la stessa visione. E' un terreno comune che ci aiuta a inventare storie.

Stéphanie Chuat: Detto questo, siamo anche fondamentalmente diverse l'una dall'altra. All'inizio, sfruttavamo queste differenze per montare numeri da clown.

Da lì, il documentario che avete dedicato a Howard Butten…
Stéphanie Chuat: Sì, eravamo molto più orientate verso i clown. Se a diciotto anni mi avessero detto che avrei diretto un film con protagonista Michel Bouquet, non so bene che cosa avrei pensato. Volevo essere clown e attrice.

Ciò che più colpisce è il tono del film. La storia è piuttosto cupa. Parlate della vecchiaia e della morte di un bambino...
Stéphanie Chuat: Per fortuna, c'è qualche momento di leggerezza…

Véronique Reymond: … ma è vero che il tono è piuttosto grave. Sono temi su cui riflettiamo da un po', ma non ci siamo mai dette che ne avremmo fatto un dramma.

Stéphanie Chuat: Abbiamo lavorato molto sul tono, per trovare qualcosa che evocasse la vita. Ossia momenti che possono essere terribilmente duri, ma che sono anche disseminati di cose buffe, ridicole. Questa è, d'altronde, una delle cose che ha colpito Michel Bouquet. Ci ha detto di amare questo tono relativamente prossimo alla realtà.

Per questo ha accettato il ruolo?
Stéphanie Chuat: Sognavamo di mandargli il progetto ma non osavamo. Sapevamo che rifiutava quasi tutti i film che gli venivano proposti. E poi, alla fine, abbiamo osato! Pare che due elementi abbiano giocato a nostro favore: ha davvero apprezzato alcuni aspetti della sceneggiatura e la filmografia di Vega Film gli ha subito infuso fiducia.

Véronique Reymond: Per uno come lui, Godard e Resnais contano molto.

Stéphanie Chuat: Eppure non ci ha mai trattate come due giovani donne al loro primo film. Lui dice di se stesso di essere molto intuitivo. Siamo rimaste colpite dalla sua fiducia. Era totale.

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