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Olivier Bomsel • Economista

"Le barriere linguistiche non vanno sottovalutate"

Alla conferenza annuale di Europa Cinemas, organizzata a Parigi dal 18 al 21 novembre, l’economista Olivier Bomsel ha condiviso alcune riflessioni sul digitale, la sala cinematografica e l'Europa. Brani scelti.

Il digitale cambierà la natura della sala?
Olivier Bomsel: La può cambiare nell'ordine in cui il digitale cancella l'esclusività dei film e permette alle sale di proiettare altri contenuti. Il progetto di grandi gruppi di esercenti di diffondere l'opera nelle sale pone un problema di fondo sull'identità del cinema. Perché la sala ha una portata simbolica: trasforma in opera un file, una sequenza, un messaggio. Il fatto che questa chiesa dedicata a un solo culto, il cinema, si apra ad altri culti pone un problema di coesistenza. Perché il cinema è in grande concorrenza con altre forme di narrazione. Ad esempio, il giovane pubblico accede alle fiction attraverso il piccolo schermo. Le sale saranno tentate di diffondere queste serie? Essendo il primo sistema di comunicazione che mischia corrispondenza privata e pubblicazione, Internet ha fatto nascere forme nuove e ibride. Si è dimenticata la considerevole forza simbolica della pubblicazione. Abbiamo capito che tutti potevano essere autori, creatori. Tuttavia, quando ci si rivolge a un pubblico anonimo, bisogna attraversare una serie di porte. Non si tratta solo di filtro e di selezione, ma anche di autorizzazione. La sala autorizza il film, chiama autore il suo autore. E in un momento in cui tutti possono girare immagini, questa funzione è capitale. Uscire di casa, per un adolescente, è un atto significativo e andare al cinema è un atto forte che ha tutt'altra dimensione rispetto a quella di chattare su Facebook.

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Comè può la sala conservare questa missione di classificare i film?
Lo spettatore acquista un'esperienza la cui utilità è misurabile solo dopo averla consumata. Distribuire esperienze significa confrontarsi permanentemente con il rischio di fabbricare delusioni. Editorializzare significa stabilire un rapporto di fiducia con lo spettatore permettendogli di valutare al meglio il suo rischio, di comprendere al meglio la linea editoriale della sala. Si tratta di diventare un marchio come una collana editoriale o la denominazione di un vino. Il film proposto deve essere coerente con la linea proposta.

L’Europa e la sua diversità si adattano all'economia digitale?
I grandi paesi di lingua unica hanno vantaggi comparativi giganteschi perché il loro mercato è più vasto, e visto che i loro successi sono più importanti, possono correre più rischi nella creazione. Hanno la possibilità di fabbricare marchi potenti: tutto lo star system dipende da ciò e contribuisce a ridurre il rischio per i consumatori. L'Unione europea, sono 27 paesi e 23 lingue: un handicap economico maggiore non solo per la dimensione dei mercati, ma anche per il costo dell'adattamento del prodotto da un paese all'altro. L'Europa si è costruita sull'idea di un mercato unico per fare economia di scala. Ma i funzionari europei faticano a comprendere che non esistono economie di scala per il mercato dei media e che, al contrario, consolidarlo richiede investimenti notevoli. L’euforia digitale ha lasciato credere che le esperienze potessero circolare. Ora, un'industria strutturalmente menomata sul piano della concorrenza internazionale deve beneficiare di una politica industriale all'altezza. Bisognerebbe educare una generazione di spettatori a vedere i film in versione originale per evitare le spese di adattamento. Perché il digitale permette di fluidificare la circolazione, ma le barriere linguistiche non vanno sottovalutate. E se ci si rivela incapaci di suscitare l'interesse dei consumatori europei per un attore svedese, ad esempio, avremo grossi problemi.

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