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"C'è questa speranza di cambiare le cose in meglio come donna, per le altre donne"

Rapporto industria: Parità di genere, diversità e inclusione

Antonia Kilian • Regista di The Other Side of the River

di 

Nel nuovo documentario della cineasta tedesca, dove la vera lotta per la rivoluzione femminile continua lontano dalle prime linee

Antonia Kilian  • Regista di The Other Side of the River

A differenza di molte donne della sua età, Hala non aveva intenzione di sposare uno sconosciuto. Si è invece unita all'Unità di protezione delle donne curde, con il sogno di combattere l'ISIS e liberare le donne. A cominciare dalle sue sorelle. Abbiamo parlato con Antonia Kilian, regista di The Other Side of the River [+leggi anche:
trailer
intervista: Antonia Kilian
scheda film
]
, in programma al CPH: DOX.

Cineuropa: Nel caso di queste lottatrici, c'è molta vergogna o rifiuto per quello che fanno. Immagino che ci sia voluto un po' di tempo prima che accettassero di farsi seguire da una telecamera?
Antonia Kilian:
C'è voluto un po' di tempo, sì. Cercare di catturare momenti che vadano oltre le immagini di propaganda è generalmente complicato in una zona di guerra . Guadagnarsi questa fiducia fa parte di qualsiasi processo documentaristico, ma in questo caso è stato ancora più delicato. È stato fondamentale trascorrere molto tempo sul posto, per questo sono rimasta per più di un anno. Ero davvero entusiasta e anche se all'inizio erano diffidenti, dopo un po' hanno pensato: "Ok, ecco che arriva questa pazza tedesca che non vuole tornare a casa!". Non potevamo comunicare direttamente, ma mi hanno aperto le porte. Sapevano che sostenevo le loro idee e che volevo fare un film sulla loro rivoluzione.

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Questa "accademia di polizia", dove Hala inizia il suo viaggio, sembra un luogo gioioso. Eri preoccupata di come sarebbe stato una volta che fossero uscite da lì?
Ho provato molta gioia, ma anche molto dolore. L'ho visto nei loro corpi e nei loro occhi, l'ho sentito nelle loro storie. Ma c'è anche la speranza di cambiare qualcosa in meglio come donna, per le altre donne.

Hai ragione, tuttavia, una volta fuori, la situazione è diversa. Soprattutto in quella città. Le loro idee non si sono consolidate lì, era un terreno nuovo. Volevo essere presente in quel momento, vedere quanto la gente lo voglia davvero, quanto lo vogliano le donne. Ero interessata ai diritti delle donne, ma poi mi sono resa conto di quanto fosse complessa l'intera situazione politica.

Hai parlato di questo dolore, ed è qualcosa che volevo chiederti anch'io, visto che qui condividono molte storie personali, mettendosi in discussione a vicenda sul matrimonio o sulle relazioni con gli uomini.
Sono vicine alle donne guerrigliere delle montagne, che hanno un approccio molto radicale e femminista. La maggior parte dei Paesi le considera organizzazioni terroristiche: vogliono una rivoluzione e l'idea della libertà delle donne dovrebbe essere al centro di tutto. La differenza è che in Rojava [in Siria] cercano di applicare queste idee a una società molto più ampia. L'idea del matrimonio, ad esempio, come istituzione patriarcale per eccellenza che esiste solo per controllare la donna, è qualcosa che mettono in discussione da molti anni.

Si percepisce la delusione di Hala quando la sorella decide di sposarsi.
Certo, ci si può chiedere se abbia davvero senso dire a tutte le donne di non sposarsi. Ma, ad essere sinceri, capisco Hala. Molte donne in questa parte della Siria o restano con la famiglia o si sposano. Se sei da sola, come lei, è una vita difficile ma anche estremamente coraggiosa. E mostra agli altri che è possibile scegliere qualcos'altro.

Nell'esercito c'è la tradizione di criticarsi a vicenda molto apertamente. Mettono tutto in mostra, per imparare e crescere come esseri umani e come rivoluzionari. Sono rimasta molto colpita dai loro metodi e dalla loro comandante, che ha sempre mantenuto la calma quando le ha affrontate [ride]. Scappano dalle loro famiglie, trascorrono un mese in accademia e all'improvviso si ritrovano in queste posizioni di responsabilità. Sono condizioni difficili per cercare di stabilire un nuovo sistema.

Ho notato che nel film le donne non interagiscono molto con gli uomini. Perché?
Ero davvero immersa nel mondo delle donne ed è un mondo diviso per generi. Non sempre lavorano insieme agli ufficiali maschi. Detto questo, mi piace questo breve momento in cui un uomo mi chiede di non filmarlo. A volte, quando si guardano i film del Medio Oriente, è l'uomo che non permette a qualcuno di filmare una donna. Qui è il contrario!

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(Tradotto dall'inglese da Alessandro Luchetti)

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