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Italia / Francia

Roberto Stabile • Head of International Relations, Anica

“C'è una grandissima volontà di ritornare ai rapporti tra Italia e Francia del passato”

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- In occasione del festival del cinema italiano a Parigi parliamo delle strategie di internazionalizzazione del sistema Italia

Roberto Stabile • Head of International Relations, Anica

In occasione de De Rome à Paris, il festival del cinema italiano a Parigi, Roberto Stabile, il Head of International Relations di Anica, ci spiega le strategie di internazionalizzazione del sistema Italia.

Cineuropa: Cosa significa per il cinema italiano la presenza italiana oggi qui a Parigi?
Roberto Stabile: Innanzitutto un segno di vicinanza alla Francia, che è il primo partner dell’Italia. Un segno di continuità, perché siamo riusciti a mantenere l’edizione anche quest’anno senza interromperla a causa del covid. È una delle poche attività che si sono mantenute. Questa presenza durante la pandemia è anche un ringraziamento per gli amici cugini francesi che ci hanno sempre ospitato a braccia aperte e accolgono il nostro cinema con una grandissima predisposizione.

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Riguardo al rapporto con l’industria francese, c’è un fondo di co-sviluppo e negli anni 70-80 tantissimi film italiani erano proiettati nelle sale qui e c’erano tante coproduzioni. Queste collaborazioni si stanno riprendendo un po' con il contributo del ministero della Cultura e del CNC?
C'è una grandissima volontà politica, ma anche da parte degli imprenditori, di ritornare ai rapporti del passato, con tantissime coproduzioni. Il ministero ha messo a disposizione dei fondi per creare dei supporti per i produttori che lavorano insieme. Aiutiamo e supportiamo anche i distributori francesi che comprano i film italiani e li fanno uscire in sala. Occasioni come queste servono anche per fare incontrare responsabili del ministero e di Cinecittà con i responsabili di CNC e Unifrance per elaborare nuove strategie. Ad esempio da quest’anno avremo un follow up di questa iniziativa parigine durante gli Incontri di Cinema Francese a Roma.

In quali altri Paesi l’Italia è presente o intende essere presente strategicamente?
Sempre nell'ambito delle attività dei progetti speciali del ministero della Cultura realizzati attraverso Cinecittà abbiamo in piedi un’iniziativa in Germania analoga a questa di Parigi, mentre c’è un progetto specifico in Cina che porta il cinema italiano nelle sale cinesi e cerca di aiutare a sviluppare la coproduzione e codistribuzione. E adesso pensiamo anche a nuovi territori, ad esempio a tutti i Paesi dell’ASEAN che anche se sono piccoli, messi insieme sono un mercato estremamente importante, e anche ai Paesi Balcanici. Quindi per queste aree geografiche nei prossimi mesi e nei prossimi anni avremo dei progetti mirati, molto simili a questo di Parigi, per far sì che anche in quei territori si distribuisca il cinema italiano e si cerchino di sviluppare anche delle coproduzioni

E in America Latina come vi muovete?
In America Latina abbiamo lavorato per parecchio tempo e ci siamo resi conto però che lì è molto difficile creare delle coproduzioni per la differenza dei budget. Quindi effettivamente per i nostri produttori è interessante andare a girare in quei Paesi, utilizzare quelle location perché si hanno dei grandissimi risparmi in termini economici. Abbiamo dei rapporti per con l'Argentina con il Brasile con la Colombia però è difficile mettere in piedi dei grossi progetti di coproduzione perché i loro budget sono totalmente diversi dai nostri e quindi c'è un grandissimo squilibrio.

Ci sono settori per i quali l’Anica vorrebbe un maggior impegno da parte del ministero della Cultura?
L’Anica in questo momento è impegnata in una grandissima ristrutturazione interna, stiamo avendo grandi trasformazioni e si sta un po' imponendo come l'associazione che rappresenta tutta l'industria audiovisiva ma tenendo conto anche delle evoluzioni che ci sono nel settore. La legge del ministro Dario Franceschini del 2016 prevede che tutta l'attività di internazionalizzazione debba passare per Cinecittà. L’Anica collabora strettamente con Cinecittà è l'ufficio sviluppo internazionale di Anica è stato messo a disposizione di Cinecittà per realizzazione di tutti questi progetti. Quindi c'è una grande una grandissima sinergia e una collaborazione completa su tutti i fronti. Credo di poter dire con massima soddisfazione da entrambe le parti.

Dal suo osservatorio privilegiato, come vede il futuro del settore audiovisivo dopo le trasformazioni causate dalla pandemia e l’imporsi delle piattaforme SVOD, e come possono rispondere le sale?
Il problema più grosso al momento ce l'hanno le sale, e bisognerà capire tutti insieme come evolversi, perché è chiaro che non si può rimanere ancorati a delle idee e delle concezioni del passato. Ma è altrettanto chiaro che la sala avrà e dovrà comunque avere sempre una sua centralità. Però bisogna fare i conti con le nuove tecnologie, con l'evolversi delle abitudini e dei costumi del pubblico, quindi rispettare la sala ma anche non cercare obbligatoriamente di rimanere ancorati a vecchi concetti. Quindi il cinema avrà una sua evoluzione. Bisogna fare in modo che diventino dei centri di aggregazione e che offrano tutti i servizi che uno spettatore cerca per essere invogliato a uscire da casa. Vedo in giro per il mondo sale che si adattano e fanno di tutto, dalla partita alle notizie al concerto all'evento specifico. È un problema comune a tutto il mondo però vedo che in altri Paesi forse sono un po' più avanti di noi e hanno già intrapreso la strada verso una possibile soluzione.

L'anno scorso è stato approvato il nuovo programma Media Creative Europe. Avete un buon riscontro?
I produttori italiani sono quelli un pochino più pigri e un po' più penalizzati. Questo non l'abbiamo solo nell'ambito di Europa Creativa, è un po' in tutta l'attività di internazionalizzazione. Da un lato c'è il fatto che abbiamo comunque una grandissima tradizione, un grandissimo passato, e comunque un mercato nazionale abbastanza importante che non spinge troppo i nostri produttori e operatori a cercare partner all’estero.  Allo stesso tempo c'è anche una resistenza a parlare lingue diverse, a condividere i propri progetti e propri bilanci con altri operatori. Già è difficile in Italia fare delle cose insieme tra produttori nazionali, quindi è ancora più complesso convincerli a far entrare produttori stranieri nei propri progetti. È anche vero che il nostro Stato mette a disposizione dei produttori talmente tante risorse che è difficile che vadano a cercare un partner straniero, se la storia non lo richiede necessariamente. Quindi servirebbe uno stimolo, anche da parte del ministero, per chiudere i budget e fare dei progetti che prevedano già la partecipazione di produttori stranieri.

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